di Paolo Castelli
Durante la Seconda Guerra mondiale, molti curatori d’arte rischiarono la vita per portare in salvo moltissime opere d’arte di un valore inestimabile.
Tra questi vi era Pasquale Rotondi, (nella foto) professore poco più che trentenne di storia dell’arte, da poco nominato soprintendente alle Belle Arti delle Marche.
All’inizio della guerra Rotondi è incaricato di creare un piano di emergenza per salvare tutte le opere artistiche italiane. Nel 1940 trova il luogo dove tenerle al sicuro: la Rocca Ubaldinesca di Sassocorvaro (PU). Rotondi decide di rinforzare la struttura medioevale e di fornirla dei migliori allarmi collegati alla stazione dei carabinieri del paese vicino. Qui porta moltissime opere di importanza culturale provenienti da tutta Italia. Dopo qualche tempo, la Rocca è al completo e quindi deve trovare un altro rifugio. Lo trova nel Palazzo dei Principi di Carpegna (PU) e anche qui apporta delle modifiche alla struttura originale. Insieme i due palazzi contengono più di ottomila opere.
La situazione, però, precipita dopo il fatidico 8 settembre ’43, quando il Regno d’Italia firma la pace con gli angloamericani. I nazisti istituiscono unità speciali della Wermacht, le Kunstschutz, dedite alla raccolta di opere artistiche per trasferirle in Germania, apparentemente per proteggerle dall’avanzata britannica, in realtà per portarle in bunker segreti e poi inserirli in un grande complesso culturale con sede a Linz.
Il 19 ottobre i soldati tedeschi rastrellano Carpegna per trovare armi. Alle dieci del mattino le SS entrano nel Palazzo dei Principi dirigendosi verso la sala dove sono custodite le opere, aprono la prima cassa e trovano degli spartiti originali di Rossini: reputandoli cartaccia non aprono le altre casse.
Rotondi tira un sospiro di sollievo, ma non c’è tempo da perdere: la Wermacht ha occupato il palazzo e bisogna evacuare le opere al più presto. Con un amico tassista riesce a prenderne qualcuna, ma la maggior parte rimane nel palazzo. Intanto il Patriarca di Venezia, Adeodato Piazza, faceva pressione perché voleva che tutte le opere ecclesiastiche fossero restituite al vescovo di Urbino.
Questa era la situazione ideale per Rotondi, che riuscì a portare oltre ottomila opere nei sotterranei del Palazzo Ducale della città.
Le SS decisero di restituire solo le opere del Vaticano e Rotondi riuscì a inserire anche le altre opere in questa lista.
Grazie ad alcuni amici a Roma convinse Pio XII ad accettare anche le altre opere. L’operazione terminò il 16 gennaio del ’44.
Purtroppo altre opere furono trafugate e mancano tuttora all’appello: oggi sono assenti ancora 1641 opere artistiche “prigioniere di guerra”. L’elenco è tenuto dal MAiO, museo d’arte in ostaggio.