Prima di lavorare come curatore d’arte ho scritto diversi drammi su artisti a me cari. Quello che propongo è
stato composto nel dicembre del 1989, recitato a teatro l’anno successivo e trasposto in mediometraggio
nel ‘96. Nel 1997, ospite del programma RAI Io scrivo, tu scrivi presentato da Dacia Maraini, ho letto parti
dell’opera alternandole alla messa in onda di spezzoni del video.
La stessa Maraini ha riassunto il suo giudizio nel capitolo che mi ha dedicato in Amata scrittura, (Rizzoli,
2000): “Luca Traini ha creato una combinazione davvero curiosa e molto suggestiva: ha messo insieme il
teatro e la pittura. Ha dato la parola ai ritratti di gente sepolta da secoli e li ha fatti dialogare con i pittori
che li hanno dipinti o con altri personaggi dei quadri usando uno stile lirico e rarefatto, delicatissimo”.
La particolare originalità del testo consiste nel fatto che l’azione drammatica vede il protagonista dialogare
post mortem direttamente con i suoi quadri (a teatro mi rivolgevo alla proiezione delle opere per intero e
in dettaglio con le voci fuoriscena dei personaggi dipinti).
Il senso della rappresentazione consiste nel richiamare l’irrevocabile, tragico distacco fra la vita dell’artista
e quella delle sue opere: la prima destinata alla morte, la seconda all’immortalità congelata delle persone in
carne e ossa che hanno fatto da modello. Contesto, il raffinato labirinto di maschere in cui la Francia della
Régence (1715-1723) cercò nei quadri di Watteau (1684-1721) un’eternità tutta umana, cosciente della
propria fragilità, di quel gioco di contraddizioni tanto lontano dalla precedente gloire del Re Sole quanto
dalle future certezze dei Lumi, ma così attuale. Il dialogo sospeso fra un pittore scomparso e i suoi quadri
consegnati alla vita degli altri, alla Storia, è figlio dello spirito di quei tempi, ma anche di una condizione
esistenziale più ampia: il rapporto fra essere umano e cose che dice sue e altri poi chiamano “arte”.
Domande senza risposte. Realtà sognanti. Ognuno dei 15 quadri di cui si compone l’opera viene alla luce
con l’inizio di un brano musicale dell’epoca.
Accantonato negli anni a causa degli impegni di lavoro, come insegnante e poi come curatore, prima di
procedere a una definitiva pubblicazione ho voluto presentarne una scelta: “Gilles”, “Arlecchino galante”,
“La famiglia di Mezzettino, “L’imbarco per Citera”, “L’indifferente”.
GILLES Quadro 1/15
Musica: Marin Marais, “La Rêveuse”. Luce. Sulla destra della scena Watteau, pallido e sudato. Veste una
camicia slacciata che pende da un paio di calzoni a mezza gamba. Accanto a lui una sedia nera – o di paglia –
sulla quale di tanto in tanto si riposerà.
Watteau
Io sono Jean Antoine Watteau
Morto di tubercolosi il 18 luglio 1721
Battezzato il 10 ottobre 1684
Anche se non ricordo con esattezza
Il giorno in cui sono nato
Uno degli artisti più amati del mio tempo
Ma
Con estrema fatica
E dolore
Faccio ritorno alla vita
Gilles
Come sei triste Gilles
Gli ultimi giorni a Parigi
Prima di fuggire
Li abbiamo passati insieme
In un buio scantinato
L’uomo a cavallo dell’asino
Niente paura creatore
Facciamo noi la guardia al suo Gilles
Watteau
Gilles mi sei venuto alla luce
Che quasi ero cieco
L’uomo vestito di rosso
Strana bestia l’asino
Occhi nobili di pietà
Intelligenti
La donna
Povera piccola bestia
Non scalciarmi
Non scalciarmi
Watteau
Guarda l’uomo col cappello a cresta che ho dipinto dietro di te
Pieno di stupore
Ma tu Gilles
Sei così lontano
L’uomo a cavallo dell’asino
Non ride
Non piange
Forse attende una carezza dagli alberi
Ma vedete
Vedete le fronde sono ancora lontane
Watteau
Non ride e non piange
Forse una foglia un fiore
Che non ho dipinto
L’uomo a cavallo dell’asino
Guardate il mio asinello
Anche gli animali piangono sapete?
Ma l’occhio resta lucido
Come quello di un pittore
Watteau
La maschera resta sospesa e non piange
Le mani disegnano mani con la sanguigna
I disegni restano segni senza colore
Chiudi
Chiudi quegli occhi ragazza
Il quadro è finito
“Gilles” svanisce.
ARLECCHINO GALANTE Quadro 3/15
Stormire di fronde. Musica in lontananza: Jean-Féry Rebel, “Tombeau de Monsieur de Lully”.
Arlecchino
Non copritevi il seno
La donna sbigottita
Oh Arlecchino
Il volto la maschera
Scompare nell’ombra
Sembrate un corpo senza testa
Arlecchino
Avete la mano sul cuore
Erma solitario
Sono di marmo
Sono di pietra
L’uomo seduto col cappello rosso
E’ un gioco signorina
La ragazza seduta
Sono pagine bianche signore
L’uomo seduto col cappello rosso
Non scherzate
E’ un libro aperto
La ragazza seduta
Vi sbagliate
Sono solo pagine bianche
L’uomo seduto col cappello rosso
Non sono pagine aperte a caso
Sono poesie d’amore
La ragazza seduta
Continuate a voler credere
In qualcosa che non c’è
Sono solo pagine bianche
L’uomo in piedi appoggiato all’albero
Sono triste
Sono affranto
Non ho più voglia di vivere
Arlecchino
Signora sentite
Quant’è fredda la pietra
E quale calore emana il mio corpo.
“Arlecchino galante” svanisce.
LA FAMIGLIA DI MEZZETTINO Quadro 6/15
Musica: Robert De Visée, “Chaconne en la mineur”.
Mezzettino
Rivolto a Watteau, cantando.
Avanti creatore
Non siate così triste
La vita è bella
Ora c’è luna ora c’è sole
Watteau
Io sono morto
La moglie di Mezzettino
Rivolta a Watteau.
Come siete triste signore
Il canto del mio candido marito non v’allieta?
Il seduttore
Tiene la testa appoggiata alla spalla destra di Mezzettino e si rivolge alla figlia di questi che stringe un
cagnolino.
Dai
Se il tuo bel pittore è morto
Io sono ben vivo
Non fare gli occhi tristi
E sorridi
Come faccio io
Watteau
Sorridi ragazzina
Sorridigli non mi fai un dispiacere
E’ un giovane di belle speranze
Dalle labbra rosse
Mezzettino
Antoine Antoine
Se hai messo una rosa fra i neri capelli di mia figlia
Non deve appassire
Se pena le stringe il cuore
Quasi lo soffoca il cagnolino
E se stringesse l’amante invece
Mi darebbe nidiate di figli
Watteau
In un improvviso scatto di collera.
Crescete e riproducetevi!
Breve pausa. Si riprende. Cupo.
Falso
Falso
La figlia di Mezzettino
Poca allegria signor Watteau
Vi amo
E son morta come voi su questa tela
E non piango per amore
O la vostra cara morte
Perché tutti ci avete condannato
Noi tutte larve impastate di colore
Che mai la vita la vostra
Vissuta per quasi quarant’anni
Abbiamo assaporato
Neppure privati di essa
Fantasmi
Fantasmi condannati a perpetua
Splendida
Morte
Il seduttore
Quante sciocchezze sciocchina
Solo per darvi un tono
Se il creatore è morto peggio per lui
Io sono ben vivo
Mezzettino
Adirato con quest’ultimo.
Non è vero seduttore da quattro soldi!
Vedete signor Watteau
Di questo ci si può disperare
Che nessuna pietà
Nessuna
Può giungere a chi è morto
Da chi mai nato
E’ nato morto
Vedete anche voi
Non è un gioco di parole
La sinistra è pronta
Ma la destra è sul punto di suonare
E non lo farà mai
Watteau
Abbattuto, rivolto al ragazzo vestito di rosso alla sinistra di Mezzettino.
E tu
Non dici nulla?
Il ragazzo vestito di rosso
Che posso dirvi?
Con un sorriso vi compiango
Perché tornaste da morto
A essere più triste che in vita
Watteau
E’ vero
E’ colpa mia
Mezzettino
Tornando a cantare.
Forse di nessuno è la colpa
Ma la vita
Così bella
Ora c’è luna
Ora c’è sole
Ora c’è luna
Ora c’è sole
“La famiglia di Mezzettino” svanisce.
L’IMBARCO PER CITERA Quadro 7/15
Musica: Jean-Philippe Rameau, “Les fêtes d’Hébé, Premier & Deuxième Tambourins”.
Esistendo due opere con questo titolo si è qui prescelta la versione presente al Louvre.
Watteau
Partiamo
Esitanti amor mio
Preghiamoci l’un l’altro
Su alzati
E’ tempo di partire
Il Fanciullo
Svelta signorina
Che è tempo di morire
Amante
Non è vero amor mio
Là ci ameremo per sempre
Il Fanciullo
Svelta signorina
Che dovete morire
Amante
Il vascello vi assicuro
E’ rivestito di un drappo rosso come l’amore
Coro dei Cupidi
Nudi e immortali
Vestiti a festa
Morti
Erma con rose e frecce
Gelo
Watteau
Rose
Erma con rose e frecce
Gelo
Watteau
Faretra e frecce
Erma con rose e frecce
Gelo
Watteau e l’amante in ginocchio
Destiamoci amor mio
Che è tempo di morire
Watteau – Un sogno
E’ tutto un sogno
Il battelliere
Agli amanti, con solennità.
Partite per amarvi e morire?
Coro degli amanti
Sì
Coro dei cupidi
Nudi e immortali
Vestiti a festa
Morti
“L’imbarco per Citera” svanisce.
L’INDIFFERENTE Quadro 9/15
Musica in lontananza: François Couperin, “Les barricades mysterieuses”.
Watteau
Porti una rosa sul cappello
Una rosa per ogni scarpa
E nella destra che tieni?
Certo un esile invisibile fiore
Ma la sinistra?
Un semplice atto
Non ho più fiori per la tua sinistra
Indifferente
Oblio Antoine
Nulla m’interessa
A tutto sono indifferente
Alla tua morte resto indifferente
Watteau
Ti ho creato morto ragazzo
Albero (dipinto alle spalle dell’indifferente)
Questo giovane cilestrino
Neppure mi degna di uno sguardo
Watteau
Lo so
Lo so
Albero
Sembra accennare un passo di danza creatore
Watteau
La natura e il cielo sono evanescenti
Indifferente
Tutto mi è indifferente
Watteau
Il colletto ti soffoca
Indifferente
Ti sbagli creatore
Io misuro la nostra distanza
E’ un filo esile invisibile
Ecco si sta già spezzando
Watteau
Ho slacciato la camicia
Mi sentivo soffocare
Indifferente
Antoine Antoine
Tu sei morto
“L’indifferente” svanisce.