di Gabriele Pinosa – GO-SPA CONSULTING SRL
Era l’ottobre del 1996, quando Roger Bootle pubblicava “La fine dell’inflazione” (sottotitolo “Sopravvivere e prosperare nell’era del tasso zero”).
Nel testo, divenuto in pochi anni un bestseller economico mondiale, l’economista britannico spiegava i motivi che avrebbero portato alla morte (così recitava il titolo, nella lingua originale inglese) del fenomeno inflativo. Un cocktail di ingredienti – globalizzazione delle catene di produzione, fine della contrapposizione tra i blocchi (americano e sovietico), accelerazione dell’impatto tecnologico, invecchiamento della popolazione ed aumento dei risparmi – stavano alla base di uno stravolgimento destinato a lasciare il segno per decenni.
All’epoca pochi credettero all’analisi di Bootle, che però si verificò puntualmente, favorendo una costante riduzione dei prezzi di beni e servizi a livello globale, sfociata addirittura nel fenomeno deflativo (calo dei prezzi). Lo stesso economista britannico, l’anno scorso ha preannunciato il ritorno dell’inflazione, precisandone ancora una volta i motivi: una spinta senza precedenti (in periodo di pace) di politiche fiscali e monetarie super espansive Monetary, Fiscal Policies Causing ‘Inflationary Danger’: Roger Bootle (businessinsider.com) I dati di recente pubblicazione dimostrano che l’economista britannico ha visto giusto anche in questa occasione. L’inflazione è infatti salita oltre il 5% nei principali Paesi sviluppati, mettendo a segno un sonoro +7% annuo negli Stati Uniti (dato di dicembre 2021).
Cosa sta accadendo? E perché il ritorno dell’inflazione rappresenta uno scenario da non sottovalutare?
Prima di rispondere ai due quesiti, è utile definire inflazione. Si tratta di un fenomeno economico e monetario allo stesso tempo, perché tocca l’elemento cruciale del rapporto tra economia e finanza: la moneta. L’inflazione è infatti un indicatore che misura il rialzo nei prezzi di beni e servizi (lato economico) in termini di scostamento percentuale osservato in un determinato periodo temporale, ma nello stesso tempo è un indicatore che misura la perdita del potere d’acquisto della moneta (lato monetario) sempre in termini di scostamento percentuale in un determinato lasso temporale di osservazione. In altri termini, “inflazione significa essere poveri, con tanti soldi in tasca” come diceva Ugo Tognazzi. Di soldi in effetti ce ne sono tanti. Basti pensare che le principali banche centrali nel corso della pandemia (due anni) hanno creato quasi 10.000 miliardi $ aggiuntivi di moneta, rispetto a quella già presente nel sistema globale. Una buona parte di questo denaro è servito a finanziarie (anche se in modo indiretto) gli enormi stimoli fiscali varati dai Governi, avvenuti in deficit attraverso l’emissione di titoli di debito pubblico (come i BTP per l’Italia o i Treasury per li USA). In altri termini, il sistema globale è pieno di debiti, dei quali prima o poi bisognerà tornare a chiedersi “chi li pagherà”.
La presenza di un surplus monetario in circolazione può rappresentare una soluzione a questo problema. In che modo? Attraverso l’inflazione.
Perché l’inflazione è in grado di ridurre il valore reale dei debiti. Ad una condizione: la repressione finanziaria, e cioè che il tasso di inflazione risulti superiore ai tassi nominali (tassi reali negativi). Facciamo un esempio per capire. Tizio deve a Caio 1.000 euro che dovrà restituire tra un anno, pagando il tasso del 5%, cioè dopo 12 mesi dovrà rimborsare 1.050 euro. Caio, quando li riceverà, sarà più ricco o più povero rispetto al momento in cui ha fatto il prestito? Risposta: dipende. Da che cosa? Dall’inflazione annua. Se ad esempio fosse del 5%, Caio sarà ricco uguale, perché l’inflazione, uguagliando i tassi nominali (tassi reali=zero), avrebbe eroso l’intera marginalità (con 1.050 euro dopo 12 mesi si comprerebbero gli stessi beni e servizi di quelli che si acquistavano con 1.000 euro all’inizio!).
Caio sarà più ricco qualora l’inflazione fosse inferiore al 5% (tassi reali positivi), mentre si ritroverebbe addirittura più povero se l’inflazione risultasse maggiore del 5% (tassi reali negativi). Ora sostituiamo Tizio con lo Stato Italiano (ma anche quello americano) e Caio con il detentore di BTP (ma anche di Treasury) e il gioco è fatto(!). L’inflazione, ad un livello superiore ai tassi nominali, è in grado di ridurre il valore del debito reale di Tizio (Stato Italiano) perché nel contempo riduce il valore reale del credito di Caio (il detentore di BTP). Quest’ultima condizione è esattamente quella dell’attuale scenario macroeconomico, in cui l’inflazione (al 5% in Eurolandia) si confronta con un livello dei tassi di interesse sui titoli del debito (italiano) che è tra lo zero (scadenze ravvicinate) e l’1.5% (scadenze decennali).
Ciò significa una repressione finanziaria (inflazione – tassi nominali) che va da un minimo del 3.5% ad un massimo del 5% annuo. E cioè una riduzione del valore del debito reale (e del credito detenuto) di pari ammontare. Si tratta di un travaso di ricchezza dai creditori ai debitori. La repressione finanziaria è cioè “il paradiso dei debitori e l’inferno dei creditori”. Il debito viene ripagato attraverso la perdita di ricchezza reale dei detentori di moneta o di credito remunerati a tassi inferiore all’inflazione. E qui subentra l’elemento cruciale che ci deve far riflettere. Oltre ai creditori (dello Stato) come Caio, in Italia ci sono molti Sempronio.
Chi è Sempronio? Il detentore di moneta liquida sul conto corrente, remunerata a tasso zero. Dalle indicazioni di Bankitalia l’ammontare della liquidità ha continuato a crescere Sempre più soldi parcheggiati sui conti correnti. Così ogni anno gli italiani regalano 15 miliardi di euro alle banche – Il Fatto Quotidiano Se pensiamo a 1.500 miliardi euro senza remunerazione che subiscono l’erosione di un’inflazione al 5%, si tratta di una perdita di ricchezza reale di 75 miliardi euro all’anno (!) Una cifra spaventosa che potrebbe essere allocata in modo diverso, favorendone la protezione dall’inflazione, oltre che una soluzione al finanziamento di innumerevoli progetti imprenditoriali. Come osservato, l’inflazione è quindi un roditore silenzioso in grado di ridurre costantemente la ricchezza reale. E’ anche un mezzo per trasferire la ricchezza dai creditori verso i debitori: Sempronio e Caio perdono ricchezza, mentre Tizio la guadagna (riducendo il valore reale del suo debito). In altri termini, come diceva l’economista americano Milton Friedman, “inflation is taxation without legislation”.
La tassa inflativa dopo trent’anni è tornata, ed è destinata a restare con noi per anni, facendo parte della soluzione al problema del debito. A pagare saranno tutti coloro che, disinteressandosi di essa, non potranno però evitare di subirla. Il gioco dello struzzo non può pagare. Far finta che non stia accadendo non eviterà di subire l’erosione del potere d’acquisto. Il carovita si combatte invece con scelte economiche e finanziarie oculate, finalizzate al contrasto della condizione di repressione finanziaria. Perché l’inflazione in ultima istanza, è anche il più efficiente tra i benchmark utilizzati per la valutazione del rendimento del portafoglio finanziario degli investitori.