di Francesco Cirillo – Gospa Consulting
Le recenti tensioni in Medio Oriente hanno di nuovo attirato l’attenzione su questa parte di mondo e sull’importanza strategica dello Stretto di Hormuz. Si tratta di una via molto importante per il trasporto di petrolio, sia verso l’Europa che verso l’Asia, soprattutto in Cina. La stabilità di queste rotte non dipende solo dalla Marina degli Stati Uniti ma anche dall’Iran. Le tensioni tra Iran e Israele sono peggiorate dopo l’attacco all’ambasciata iraniana in Siria, a Damasco, da parte delle forze israeliane, dove sono stati uccisi alcuni importanti funzionari delle Guardie della Rivoluzione Islamica. Queste guardie sono una parte dell’esercito iraniano che si occupa di proteggere il governo e di gestire operazioni all’estero. L’aumento delle tensioni rischia quindi di destabilizzare le rotte marittime nel Medio Oriente. Un recente rapporto dell’Economist Intelligence Unit, che analizza i principali rischi globali, ha però sottolineato che è molto improbabile che l’Iran si faccia direttamente coinvolgere in una situazione di aperta conflittualità. Tuttavia, il governo iraniano potrebbe comunque avere tutto l’interesse a spingere i suoi alleati, come le milizie di Hezbollah in Libano, ad aumentare le tensioni con Israele. Tali azioni potrebbero chiaramente allargare il conflitto e rendere più rischioso il trasporto marittimo di petrolio e gas, facendone aumentare i prezzi o addirittura imponendo un temporaneo stop all’estrazione. Bank of America, in particolare, ha pubblicato una nota dove gli esperti hanno descritto tre possibili scenari per i prossimi mesi. Nell’infografica che segue vengono descritte le 3 opzioni possibili.
Nel primo scenario la situazione non degenera e non avvengono schock energetici o interruzioni delle forniture di petrolio. Il secondo scenario descrive una guerra diretta tra Israele e Iran che potrebbe coinvolgere la regione per diversi mesi, portando ad una interruzione dell’estrazione di petrolio iraniano stimato tra 1/1,5 milioni di barili al giorno. In questo contesto l’OPEC+ sarebbe costretto a dover aumentare la produzione di greggio per coprire le interruzioni di Teheran. Nel terzo caso, il più grave, viene analizzato il contesto di una possibile guerra estesa a tutta la regione Mediorientale dove avverrebbe un’interruzione della produzione petrolifera, oppure del rifiuto delle petroliere di voler percorrere la zona dello Stretto di Hormuz. Ciò porterebbe ad una perdita di circa 2 milioni di barili al giorno e una probabile sospensione delle esportazioni di gas naturale liquefatto (GNL, gas in forma liquida) che, secondo quanto scrive Bloomberg, porterebbe ad un aumento dei prezzi del GNL. Nei calcoli di Rystad Energy questo incremento potrebbe spingere i prezzi verso l’astronomica cifra di 100 dollari per milione di BTU (British Thermal Unit, unità di misura per l’energia), che come si vede dal grafico seguente è un livello di molto superiore alla media degli ultimi anni.
Quanto è probabile un’escalation della tensione con conseguente rischio di allargamento del conflitto? In questo momento Israele sta tentennando sull’operazione militare di Rafah, viste anche le pressioni che arrivano dalle diplomazie occidentali per arrivare ad un accordo tra Hamas e Tel Aviv che fermi la guerra a Gaza. Inoltre, Israele è consapevole che aprire un nuovo fronte con Teheran rischierebbe di far cadere l’intera regione in un conflitto incontrollabile, con la probabilità di venire isolata dai suoi principali partner occidentali e da Paesi arabi, come la Giordania. Anche per l’Iran al momento conviene, soprattutto per motivi politico-militari, evitare un’escalation con Israele, ben consapevole che Washington interverrebbe a sostegno di Tel Aviv. Attualmente, la situazione in Medio Oriente rimane quindi tesa, ma paradossalmente “stabile” Le varie potenze coinvolte stanno cercando di evitare che il conflitto a Gaza si diffonda in tutta la regione e quindi al momento, sembra improbabile (anche se non impossibile!), che la situazione possa peggiorare senza decisi interventi politici dei leader della regione. Tutti, infatti, hanno contezza che un conflitto diretto tra Israele e Iran potrebbe causare gravi problemi a livello mondiale anche sotto il profilo dell’approvvigionamento energetico.