di Hadia Ashfaq – GoSpa Consulting
Il 2024 sarà l’anno che registrerà il picco storico in termini di numero di cittadini chiamati alle urne, coinvolgendone circa 4 miliardi provenienti da ben 76 Paesi nel mondo.
La chiamata al voto viene definita dalla Costituzione italiana “un dovere civico” (art. 48 Cost.) oltre che un diritto tutelato da quest’ultima. Ma i cittadini dello Stato italiano, come percepiscono questo potere/dovere?
Alle elezioni parlamentari del 2022, l’affluenza alle urne italiane è stata quasi del 64%, 9% in meno rispetto alle precedenti, nel 2018.
La partecipazione alla vita politica da parte dei cittadini risulta quindi in calo col trascorrere degli anni. Da un’analisi più attenta emerge, come prevedibile, che anche la fiducia riposta nelle istituzioni politiche è in decrescita (per una maggiore disamina consultare il rapporto politica e istituzione BES 2022, in particolare al grafico a pagina 6).
Un buon indicatore per analizzare ulteriormente lo “stato di salute” della nostra democrazia è sicuramente l’osservazione del comportamento elettorale dei più giovani. Risulta quindi interessante analizzare la partecipazione politica degli under 25. Dai dati emerge che questa è la fascia d’età che registra una minore affluenza alle urne, ma, di converso, è comunque quella più attiva politicamente (12,5% sul totale degli appartenenti alla categoria), attraverso la partecipazione a cortei a sfondo civico-politico e la maggior attenzione ed interesse a dibattiti politici.
La vicinanza dei giovani alle problematiche ambientali, sociali e geopolitiche dell’attualità li spinge probabilmente a farsi in primis sostenitori di queste cause, diffondendo le proprie idee attraverso il potenziale dei social media come risposta alla decrescente fiducia percepita verso le istituzioni.
Nonostante la bassa aspettativa nei confronti della politica, esprimere la propria volontà rimane comunque un privilegio che deve essere valorizzato al massimo. Ciò è necessario per poter preservare il valore della democrazia e i risultati guadagnati, a seguito di decennali lotte per ottenere il suffragio universale e tutelare la libertà individuale.
In generale, l’astensionismo del corpo elettorale ha, infatti, effetti fortemente determinanti sui risultati delle votazioni: non solo si abbandonano le sorti delle elezioni nelle mani di pochi elettori, ma si rinuncia al diritto democratico di contribuire alla determinazione del futuro del Paese, negando i fondamenti rappresentativi come base della nostra quotidianità. Tutto questo ha poi come conseguenza quella di favorire la salita al potere di partiti che non rispecchiano, se non in minima parte, i principi di gran parte della popolazione, alimentando il dissenso verso il potere insediato e favorendo l’indifferenza dei cittadini.
Per quanto riguarda le elezioni che si terranno quest’anno in 76 Stati, il tema della democrazia sarà solo di facciata per i cittadini di alcuni di questi Paesi. Sono, infatti, numerose le nazioni che non hanno nemmeno un’opposizione parlamentare o anche solo politica; in altre le elezioni porteranno risultati ovvi o scontati (Corea del Nord, Russia, Bielorussia); in altre ancora il processo elettorale sarà caratterizzato fortemente da conflitti interni di tipo sociale e politico (India, USA).
Venendo al nostro continente, le proiezioni mostrano una probabilità maggiore di vittoria per quei partiti più rigidi verso l’immigrazione, tipici dell’ala dell’estrema destra (come in Olanda e Italia rispettivamente nel 2023 e 2022), le cui proposte più “borderline” rischiano, in alcuni casi, di essere in contrasto con i concetti stessi di libertà e democrazia. E ponendo pertanto l’interrogativo sul futuro stesso dell’Unione Europea.
Tornando quindi alla domanda iniziale, nonostante il valore intrinseco della democrazia sia troppo spesso sottovalutato, risulta fondamentale continuare a praticarla per preservarne i valori. Dal punto di vista dei giovani, ma non solo, ciò dovrebbe consentire una maggior educazione al bene comune, un tema che soprattutto nei regimi autocratici limita molto spesso la prosperità comune, che si ritrova in condizione di limitata o negata libertà sociale, economica e quindi individuale.
La democrazia crea un terreno di confronto tra ideologie contrastanti, con l’obiettivo di arricchire il dibattito e costruire soluzioni inclusive, aspetti che oggi più che mai andrebbero tutelati per la conservazione e la prosperità delle nazioni.
Vale la pena ricordare, quindi, che la pretesa di valori democratici è legittima in ogni contesto da parte di qualsiasi categoria d’età e condizione economica, proprio perché il bene comune è tale se condiviso in tutti i suoi aspetti dalla più ampia fascia della popolazione. In fondo basterebbe sottolineare più spesso quello che già diceva più di duecento anni fa il filosofo francese Voltaire: “Un uomo è libero quando decide di esserlo”.