di Gabriele Pinosa – GO-SPA CONSULTING SRL
Il 71% della superficie terrestre è ricoperto dall’acqua, ma circa il 96.5% di quest’acqua si trova negli oceani; l’acqua dolce, ancor più se potabile, è una risorsa molto più scarsa di quello che si potrebbe credere. Secondo la World Meteorological Organization (WMO) attualmente 3.6 miliardi di persone (quasi il 50% della popolazione globale!) hanno un accesso inadeguato all’acqua per almeno un mese all’anno, con la previsione che tale numero sia destinato a salire oltre i 5 miliardi entro il 2050. La questione verrà affrontata nel simposio del 23 marzo prossimo, il world meteorological day, alle Nazioni Unite Responding to the UN Secretary-General’s Call to Action: Realizing Early Warning Systems for All in a World with Increasing Water Related Hazards | World Meteorological Organization (wmo.int) Secondo UN-Water, tra il 2001 ed il 2018 il 74% di tutti i disastri naturali sono stati legati all’acqua e la recente CoP27 ha esortato i governi ad integrare l’acqua negli sforzi di adattamento: è la prima volta che l’acqua viene citata esplicitamente nel documento finale della Conferenza Water & COP27 – Climate Champions (unfccc.int) Tornando alla WMO, è stato pubblicato il primo Global Water Resources paper, che analizza gli effetti dei cambiamenti climatici, ambientali e sociali sulle risorse idriche della Terra, evidenziando che “lo scopo di tale inventario annuale è supportare il monitoraggio e la gestione delle risorse globali di acqua dolce in un’era di domanda crescente e di fornitura limitate”. Che l’acqua sia una risorsa sempre più scarsa, al di là delle accreditate analisi della WMO, se ne sono accorti anche tutti i cittadini italiani, come risulta dal clamore mediatico causato dalla possibilità di raggiungere a piedi la famosa isola dei Conigli, solitamente immersa nelle acque del lago di Garda
Siccità, l’Isola dei Conigli sul Garda è raggiungibile a piedi. LE FOTO | Sky TG24 Le conseguenze della perdurante siccità, sono molto rilevanti, ed ovviamente hanno implicazioni economiche gigantesche. A febbraio al ponte della Becca, in provincia di Pavia, il Po si trovava 3.2 metri sotto lo zero idrometrico e la Coldiretti ha lanciato un allarme: con il maggiore fiume italiano a secco, è a rischio un terzo del made in Italy a tavola, perché la grande arteria fluviale del Po serve l’intera food valley padana, che rappresenta la metà dell’allevamento nazionale. La siccità del 2022 è costata agli agricoltori il 10% del raccolto, ossia circa 6 miliardi euro di PIL nazionale. L’Anbi, l’associazione che riunisce i consorzi di bonifica nazionali, guarda con estrema preoccupazione tutto il bacino dei grandi laghi italiani: a metà febbraio, il Garda aveva una percentuale di riempimento del 35%, il Maggiore del 38% e il lago di Como del 20% (!).
Sulle Alpi, il manto nevoso raramente superava i 70 centimetri e solo oltre i 2000 metri di altitudine si poteva trovare oltre 1 metro di coltre bianca. Di fronte ad un’offerta che scarseggia, la domanda rimane rigida ed in alcuni casi è addirittura in aumento. L’acqua è essenziale, oltre che per la sopravvivenza di esseri umani, animali e vegetali, per l’agricoltura e all’interno di un ampio numero di cicli industriali, oltre che essere una fonte energetica (idroelettrico). Il primo impatto che si può attendere è pertanto quello di un aumento del suo costo. A fine febbraio, a Termoli e a Campomarino (basso Molise), gli agricoltori sono scesi in piazza: l’acqua per irrigazione ha registrato un incremento del prezzo del 40%. Per un’azienda agricola di medie dimensioni, significa un rincaro di circa 20.000euro all’anno. Nel comprensorio di Ostuni (Puglia), le cose vanno anche peggio, in quanto la Cia-Agricoltori italiani denuncia che a gennaio le tariffe sono passate da 40 centesimi ad 1 euro al metro cubo d’acqua (!). I rincari sono generalizzati e riguardano in realtà non l’acqua (bene pubblico), bensì i servizi di fornitura della stessa. Gli allarmi si susseguono ed uno dei maggiori è nel Novarese e nel Pavese, cioè la culla della produzione di riso italiano. Si tratta della coltura che richiede più acqua in assoluto, quindi non è solo questione di prezzo ma anche di penuria di raccolti, con ricadute facilmente immaginabili su prezzi e disponibilità dell’alimento. Non potendosi illudere sul fatto che si si tratti di una crisi temporanea, si rende necessario considerare la carenza d’acqua non un’emergenza destinata a rientrare, bensì una criticità strutturale. Pena il non fare i conti la Storia, che ci ricorda che per il controllo dell’acqua si fa la guerra da sempre. Il primo conflitto è datato 2500 a.C. e ha avuto luogo nella zona dell’attuale Iraq: l’acqua venne utilizzata per combattere i Sumeri da Urlama, re dell’antica città stato di Lagash, che fece deviare dei corsi d’acqua per lasciare a secco la città di Unma.
Durante l’assedio di Uxellodunum nel 51 a.C., Giulio Cesare costrinse i Galli alla resa impedendo loro di accedere alla rete idrica. E così via, fino ai giorni nostri, in cui gli scontri si concentrano – non a caso – in tre aree del mondo dove le già scarse risorse idriche sono ulteriormente messe a repentaglio dal riscaldamento globale, oltre che dalla crescente domanda: Medio Oriente, Asia Meridionale e Africa subsahariana. Il numero dei conflitti legati all’acqua è in generale aumento: erano 220 fra il 2000 e il 2009, sono saliti a 620 tra il 2010 e il 2019; dal 2020 a 2022 sono stati registrati 201 nuovi conflitti. Quali soluzioni adottare per evitare che le sempre più frequenti crisi idriche rischino di esacerbare le già crescenti tensioni geopolitiche globali? In primo luogo è imperativo riconoscere il problema a livello sistemico, attivando ai massimi livelli istituzionali globali dei centri di coordinamento per la gestione della “risorsa acqua”. In secondo luogo è necessario incentivare lo sviluppo di ogni tipo di tecnologia che sia in grado, da un lato di ridurre l’utilizzo dell’acqua negli ambiti agricolo ed industriale, e dall’altro di consentire l’utilizzo sia dell’acqua salata (desalinizzazione) che quella reflua (trattamento). Terzo: va promossa una campagna di sensibilizzazione nei confronti della popolazione globale su un utilizzo più responsabile dell’acqua, evitandone sprechi. Ultimo, non per importanza, vanno effettuati degli investimenti sulle reti idriche, per evitare le frequenti dispersioni.
A riguardo l’Italia, da sempre ricca di acqua, è un “caso scuola”: oltre il 40% dell’acqua viene sprecato La rete idrica italiana è un colabrodo: il 42% dell’acqua viene persa lungo il tragitto (geopop.it) Com’è facile intuire, sia l’ammodernamento degli acquedotti che l’affermazione di tecniche innovative nella gestione dell’acqua dolce (e potabile) rappresentano non solo delle necessità impellenti, ma anche delle opportunità sulle quali sia il pubblico che il privato possono concentrare delle risorse. Ciò nella piena consapevolezza dell’ottenimento di ritorni in termini di valore sociale, finanziario e geopolitico strategico, perché la centralità dell’economia dell’”oro blu” è destinata inesorabilmente ad aumentare.