Per chi lo conosce, il lago di Como rappresenta una parte di sé. Un parte del suo passato e del suo presente.
Il lago ha affascinato poeti, scrittori, inventori, scienziati. Ha permesso un’economia fiorente, ha garantito
fama a livello mondiale. Eppure, il lago di Como ha mantenuto intatto il suo fascino soprattutto per
quell’intramontabile alone di mistero che caratterizza metà della sua essenza, ovvero tutto ciò che si
nasconde sotto la superficie.
Ed è proprio sotto la superficie che risiede l’equilibrio in grado di sostentare l’ambiente. E’ grazie ad esso
che il lago ha una sua identità percepibile, che condizione chi lo incontra. Ma come funziona realmente
questo equilibrio?
Per raccontarlo, è necessario immergersi figurativamente nel campo ecologico.
Solitamente parlando di lago si pensa ad un grande vuoto riempito da acqua. Ma il lago è molto di più che
acqua contenuta in un catino naturale; innanzitutto è vita. Ma a differenza dall’ambiente terrestre quasi
non si vede
La vita invisibile
Immaginando una grande foresta, è facile pensare al suo funzionamento: Il sole permette alle foglie dei
vegetali di fare fotosintesi, ovvero di trasformare acqua anidride carbonica e poche sostanze inorganiche in
cibo capace di sostenere tutte le piante. L’energia del sole usata diventa così materia organica, disponibile
agli animali erbivori, che a loro volta sono preda di carnivori. Una volta morti, tutti gli organismi vengono
decomposti da specifici organismi (detritivori prima, decompositori poi) che trasformano la materia
nuovamente in sostanze semplici, pronte ad essere riciclate dalla piante. Negli ambienti di acqua dolce
avvengono processi molto simili, ma da parte di protagonisti molto diversi.
Il lago ospita due tipologie di foreste molto differenti. Una fatta di piante acquatiche, vegetali dotati di
fusto, radici e foglie esattamente come le piante terrestri che sono tuttavia tornate in acqua trovando il
vantaggio di sorreggersi con facilità senza dover costruire energivore strutture di sostegno di legno.
L’altra foresta del lago è invisibile per via delle sue dimensioni. E’ fatta di microscopiche alghe, ovvero
organismi vegetali unicellulari, che a differenze delle piante sono per la maggior parte diffuse nell’acqua e
non ancorate al fondale, riempiendo tutto il volume dove la luce arriva son sufficiente intensità. Ed è
questa foresta che produce più cibo. E’ diffusa, capillare, densa eppure quasi invisibile. All’occhio umano
arriva solo come una percezione sensoriale: il colore dell’acqua del lago. E’ questa massa di alghe che
colora le acque a seconda delle stagione.
Gli erbivori che si nutrono di questa foresta sono altrettanto sconosciuti e prendono il nome di
zooplancton. Etimologicamente significano i vagabondi animali, in quanto nella loro piccolezza (1/10 di
millimetro fino a 5 millimetri) non si sanno opporre alle lente correnti del lago. Hanno forme bizzarre, un
occhio solo, corpo trasparente. E nella loro stranezza, nutrono i pesci più pregiati che possiamo pescare e
vendere sul mercato locale
Dinamiche ed impatti
In questo contesto così particolare, l’uomo si fa sentire con una presenza indiretta, ma per questo molto
complessa da comprendere nei confronti della salute del lago. Definire l’impatto in un ambiente che
funziona con regole che ancora non conosciamo bene è sempre difficile.
Al di là della componente di detriti inquinanti come plastiche o composti non biodegradabili di scarto,
sappiamo che il lago soffre le conseguenze del riscaldamento climatico che mette a repentaglio
l’ossigenazione e la fornitura di nutrienti. Soffre anche dell’inserimento di decine di specie alloctone da
parte dell’uomo, che ne sconvolgono i processi di predazione, di distribuzione dei nutrienti e di
impoverimento dell’ambiente. Le specie esotiche rilasciate in ambiente possono infatti estinguere
localmente pesci, invertebrati e piante locali, soprattutto se i loro effetti sono concatenati.
Paradigma del pozzo o della sorgente
E’ necessario un cambio di visione, affinché ciò che prima era sconosciuto non diventi segretamente la
causa della perdita di qualità ambientale del lago e del riferimento che rappresenta per noi.
Il punto in cui siamo oggi si può forse rappresentare come un modello a “pozzo”. La nostra presenza sul
lago usufruisce di questo ambiente, ma i nostri impatti son destinati a cadere all’interno di esso e ad
accumularsi nel tempo. Metaforicamente ma non solo, ciò che scompare sotto la superficie non può più
essere recuperato, siano essi detriti, processi impattanti, animali o piante esotiche infestanti.
E’ possibile tuttavia un approccio differente, che consideri il lago come “sorgente”. Ovvero costruire
modelli di buone pratiche di sviluppo dove le stesse attività umane forniscano supporto per il
mantenimento della qualità ambientale. Il sostegno di interventi mirati permetterebbe infatti
l’internalizzazione del costo ambientale, da tradursi in miglioramenti ( o mantenimento ) della qualità
ambientale direttamente sul territorio. Una sorgente in grado di fornire servizi per il prossimo futuro senza
rischio di collasso.
Prospettive future
La consapevolezza scientifica attuale permette di individuare le azioni per rendere il lago più resiliente
possibile, ovvero capace di reagire agli impatti che l’uomo produce quasi fisiologicamente.
Un esempio quasi storico è testimoniato dalle tradizioni dei pescatori, dove per assicurarsi la cattura di
pesce litorale (in particolare pesce persico) venivano calate in acqua fascine di legno, surrogati dell’habitat
naturale necessario per la riproduzione dei pesci selezionati. Di simile finalità sono anche gli incubatoi
ittiogenici, strutture costruite per assicurare la riproduzione di altre specie ittiche, sebbene concepite
almeno in fase iniziale esclusivamente per il consumo umano.
Oggi è possibile immaginare scenari più completi, dove il ripristino e la ristrutturazione degli ambienti
sommersi possa essere il cuore delle azioni di sostenibilità territoriali e correlate da studi scientifici, che
assicurino una visione a scala ecosistemica.
Un approccio possibile, affinché il lago rappresenti oltre che il nostro passato e presente, anche il nostro
futuro. Un futuro sostenibile
Paola Iotti
Nicola Castelnuovo
Associazione Proteus Como