A conclusione del percorso sull’educazione alimentare oggi trattiamo dell’approccio orientale antico a questo argomento.
L’uso delle erbe, dell’agopuntura, delle preparazioni omeopatiche e di tecniche analoghe non è stato il primo modo con cui i medici orientali antichi erano soliti trattare i sintomi e le malattie. Essi hanno sempre considerato l’alimentazione giornaliera come l’elemento essenziale nel trattamento di qualsiasi problema di salute. Nell’ambito dell’alimentazione giornaliera si riteneva che certi cibi servissero a rafforzare certi organi e sistemi e quindi a prevenire che gli stessi si ammalassero, o addirittura a curare disturbi specifici.
Più di un centinaio d’anni fa, la medicina moderna venne introdotta in Giappone, e con essa i moderni principi dietetici.
Dopo aver sperimentato gli effetti dei farmaci e delle tecniche della medicina moderna per molti anni, molte persone in Giappone, Cina, Corea e altri paesi orientali cominciarono a manifestare il proprio disappunto nei confronti di questo approccio. Di anno in anno si introducevano nuove tecniche e nuovi farmaci, mentre altri venivano abbandonati, e ciò andava avanti all’infinito. Inoltre, si era riscontrato, come accade anche attualmente nella nostra esperienza, che molti di questi farmaci provocavano degli effetti collaterali o persino delle nuove malattie. A ciò andava aggiunto che questo tipo di approccio si stava rivelando sempre più costoso. Fu così che ci fu una rivalutazione della medicina orientale tradizionale. All’epoca i medici “moderni”, fra cui quelli orientali, tendevano a considerare i rimedi tradizionali in modo analitico. In altre parole, se per esempio un fungo veniva tradizionalmente usato per abbassare la temperatura, i medici cercavano di analizzare quel fungo, per identificare quel componente chimico attivo da estrarre e produrre sotto forma di pillole. Ma nella maggioranza dei casi questo non funzionava. La ragione di ciò era che nel ricercare dei farmaci efficaci, i medici tradizionali non si preoccupano di considerare tutte le altre componenti nutritive (quali vitamine o proteine) o gli elementi chimici (che siano acidi o enzimi). Per loro questi fattori non facevano parte del prodotto.
Ancor oggi, se vogliamo interpretare ed usare correttamente i rimedi tradizionali, dobbiamo cercare di vederli dal punto di vista della medicina antica. Prima di tutto dobbiamo capire la mentalità che i medici tradizionali avevano nei confronti del cibo e della materia in genere. Quando i dottori orientali consideravano un cibo come potenziale medicina, lo vedevano nell’insieme: due cibi possono essere chimicamente identici ma variare nella forma e questo determina la differenza profonda, per cui influenzeranno l’organismo in modo diverso. Anziché afferrate l’intero studiandone le parti, il medico vedeva l’intero come manifestazione di cambiamento, o di energia, o meglio, come essi la chiamavano, di KI. Importante capire il significato di questa parola anche se non è ancora stato trovato un termine adeguato a tradurlo. Una traduzione abbastanza vicina potrebbe essere carica “elettromagnetica” o “vibrazione”. KI è giapponese e l’ideogramma (un simbolo che rappresenta un’immagine, un’idea) può essere tradotto alla lettera come “energia del riso”. I medici orientali cercarono di stabilire quale tipo di KI costituiva un dato cibo e che tipo di energia KI veniva a crearsi nel nostro organismo si mangiava quel cibo. Tentarono di concepire i sintomi e le malattie come manifestazioni differenziate del KI e di stabilire come e con quali mezzi si potesse agire su di esse.
Per estensione, da questa concezione si svilupparono non soltanto gli importantissimi trattamenti dietetici, ma anche lo shiatzu, la moxa, la pranoterapia, l’agopuntura, l’erboristeria e via dicendo.
Quindi il cibo come trattamento curativo. Lo scopo principale in una preparazione è di creare un equilibrio armonico tra tutte le energie usate.
A questo proposito la macrobiotica, legata alla visione spiegata sopra, aiuta a creare un piatto equilibrato.
Si tratta di una dieta alimentare, per semplificare, che si basa sul consumo di cereali integrali e verdure e limita il consumo di tutto ciò che è raffinato e riduce cibi di origine animale. Ma senza scomodare la macrobiotica, l’essere umano ha sempre saputo di questo equilibrio, sia seguendo l’istinto che per esperienza. Si pensi al pesce servito con fette di limone o prezzemolo, negli Stati Uniti la tradizione vuole che il tacchino sia servito con salsa di mirtilli rossi, gli hamburger si possono servire con cipolle crude, la bistecca con il pepe, preparare frittate con funghi o pomodori.
L’energia del cibo quindi come cura che nutre in modo equilibrato tutto il nostro sistema, rinvigorendolo anziché appesantendolo.
Da ultimo, avendo accennato alla macrobiotica, lascio una ricetta curativa per i casi di debolezza o stanchezza, bambini malati, anziani che faticano a masticare, in caso di inappetenza, poca vitalità, per chi interrompe un digiuno.
CREMA DI RISO SPECIALE
Fate arrostire a secco 1 tazza di riso integrale finché non s’indora (senza olio). Aggiungere 7/10 tazze d’acqua e portare ad ebollizione e cuocete per ¾ ore (in pentola a pressione 5 tazze d’ acqua e 2 ore).
Una volta cotto e freddo frullatelo (c’è chi più correttamente lo passa poco alla volta con pezzo di telo di garza), riscaldate e servite con un po’ di polvere di alghe, o gomasio (sesamo tostato e tritato), o cipollotti tritati, o prezzemolo o tamari (salsa di soia giapponese).
In alternativa si possono usare creme biologiche precotte e integrali.
Ognuno di voi può continuare questa ricerca appassionante e amorevole verso di sé, approfondendo i concetti sopra descritti e quelli affrontati in tutto il percorso sull’educazione alimentare, sviluppato, su questa rubrica, per diversi mesi.
Concludendo saluto affettuosamente i lettori di Ojas benessere che con questo articolo chiude la rubrica concedendosi una lunga vacanza.