di Raffaele Turazzo – Go-spa consulting
La spesa è uno dei momenti più personali di ogni individuo. Lo stesso Umberto Eco
aveva non a caso definito la lista della spesa come “la sola cosa che si scrive solo per
sé stesso”. Nonostante ciò, capita che si verifichino alcune tendenze comuni
nell’acquisto dei prodotti. Ad oggi, infatti, sempre più consumatori sono attenti alla
provenienza dei prodotti e alla loro sostenibilità. Secondo l’EY future consumer index
più del 60% degli italiani presta attenzione all’impatto ambientale dei propri acquisti.
Tuttavia, questa volontà non sempre riesce ad essere soddisfatta in quanto risulta
difficile trovare informazioni a riguardo e spesso quest’ultime risultano essere
incorrette. Circa il 54% dei consumatori, in particolare, dichiara di non avere sufficienti
informazioni per poter fare scelte sostenibili.
A ciò si aggiunge il fatto che spesso e volentieri le aziende cercano di trarre vantaggio
da queste tendenze tramite affermazioni ingannevoli, volte a spingere all’acquisto dei
propri prodotti dichiarati sostenibili o “100% italiani”, quando la realtà è ben altra. Ad
esempio, un’azienda che dichiara di aver aumentato del 30% il riciclo degli scarti,
potrebbe apparire agli occhi del consumatore come una società che si impegna
seriamente nella riduzione del proprio impatto ambientale. Quello che potrebbe
accadere, però, è che l’azienda è semplicemente passata dal riciclare il 3% dei propri
scarti al 4% (!). Allo stesso modo alcune aziende potrebbero dichiarare di aver ridotto
le proprie emissioni quando in realtà hanno solo deciso di esternalizzare la
produzione di un componente, scaricando così la responsabilità dell’impatto
ambientale su un’altra società.
Sorge quindi spontanea la domanda su come si possa evitare di cadere vittime di
queste strategie di marketing (in gergo greenwashing) e riuscire ad ottenere tutte le
informazioni necessarie per poter compiere al meglio le proprie scelte di consumo. La
soluzione può derivare da una tecnologia di cui si sente parlare sempre più spesso e
che trova applicazione nei campi più disparati: la blockchain. Questa è definita come
un registro condiviso digitale di informazioni le cui caratteristiche principali sono la
trasparenza, la condivisione e l’immutabilità.
Per comprenderne il funzionamento si immagini che un’azienda produttrice di grano
crei un documento che contenga tutte le informazioni riguardanti il prodotto, dal
luogo di produzione alle emissioni prodotte e che sigilli questo documento dentro
una scatola di vetro, che non può essere aperta da nessuno e che accompagnerà il
grano per sempre. Tutti possono leggere il contenuto della scatola, ma nessuno lo
può modificare. Quando questa società vende il proprio prodotto all’azienda che lo
lavora trasformandolo in farina, quest’ultima creerà un nuovo documento contenente
tutte le modifiche fatte al grano e l’impatto ecologico di queste lavorazioni. Chiuderà
quindi questo documento in una nuova scatola di vetro che verrà collegata alla prima
tramite una catena. Questo procedimento proseguirà per tutta la filiera produttiva
fino a quando il prodotto finale, il pacchetto di pasta, arriva nelle mani del
consumatore. Tutto ciò avverrà virtualmente e sul prodotto finale si troverà un QR
Code che una volta scansionato dal consumatore, permetterà di leggere tutte le
informazioni necessarie, dall’origine del grano alla quantità di emissioni necessarie a
portare il pacco di pasta sullo scaffale.
Si può notare come questo sistema si basi anche sulla qualità delle informazioni
inserite dentro le scatole. Può dunque nascere il dubbio sulla veridicità dei dati
dichiarati dalle aziende prima di creare queste scatole, unico momento in cui questi
ultimi possono essere manipolati. Per assurdo, una società estera potrebbe essere
motivata a dichiarare in questi documenti che il proprio grano è italiano in cambio di
un compenso economico dall’azienda acquirente. Questo problema viene risolto
tramite il già diffuso sistema di revisione, tramite cui società ad hoc controllano che
ogni azienda dichiari il vero quando vende un prodotto. Si ricordi infatti che il
contenuto delle scatole può essere letto in ogni momento della filiera produttiva.
Inoltre, sempre la tecnologia ci viene in soccorso per rendere anche questi controlli
più efficaci e risolvere possibili inefficienze. Tramite quelli che vengono definiti smart
contracts, infatti, si può automatizzare tutto questo procedimento di acquisto,
vendita e controllo. Questi ultimi, più che dei veri e propri contratti sono dei codici
informatici che sintetizzano lo schema “se succede questo allora accade quest’altro”.
Tornando all’esempio precedente, un’azienda potrebbe avere l’obbiettivo di vendere
il prodotto con la miglior qualità possibile ed essere interessata, ad esempio, a non
esporre il grano ad un’eccessiva umidità durante il trasporto e lo stoccaggio. Tramite
dei sensori per l’umidità ci si può assicurare che queste soglie vengano
costantemente rispettate e la materia prima non si rovini. Se i livelli sono inferiori alla
soglia stabilita nel contratto di acquisto, allora la vendita avviene automaticamente e
il grano può essere spedito. Nel caso in cui l’umidità rilevata sia troppo elevata, il
contratto viene automaticamente annullato, il pagamento non avviene e il grano non
sarà spedito.
Il vantaggio degli smart contracts è che possono essere altamente personalizzabili in
base alle necessità di ogni azienda. Si può quindi comprendere come la tecnologia
per tutelare il consumatore sia già presente e vada solamente perfezionata ed
implementata, processo che generalmente richiede diversi anni, anche a causa della
naturale avversione al cambiamento di processi consolidati. Indubbiamente la
direzione verso cui si punterà nel prossimo futuro sarà orientata a una maggiore
sicurezza e trasparenza, ad una tracciabilità istantanea e un alto livello di
automazione nella logistica e nei collegamenti tra società. La tecnologia, già nota per
essere alla base del funzionamento della più famosa delle criptovalute (Bitcoin),
risulta perciò essere un valido alleato contro le possibili pratiche scorrette di
comunicazione delle aziende, che sfociano nel greenwashing quando riguardano la
sostenibilità. Tutto ciò potrebbe essere soddisfatto dalla blockchain, che, insieme ai
“contratti intelligenti”, aiuterà i consumatori a sentirsi più tutelati e sicuri nei propri
acquisti.