Eccoci all’appuntamento mensile con Ojas benessere con tema Educazione alimentare. Questa volta mi occuperò di formaggi, tema che approfondirò anche nel numero di maggio, vista la diffusione in tutt’Italia di questo cibo, per nulla togliere alla moltitudine di varietà incredibili che solleticano il nostro palato.
“De la tesla an t’livèrat mai, se la bacca l’ansa brisa ‘d’furmai”. Dalla tavola non ti alzare mai se la bocca non sa di formaggio. Proverbio bolognese che farebbe rizzare i capelli ai nutrizionisti che consigliano settimanalmente porzioni molto ridotte di formaggio. Ad ogni buon conto il proverbio ci introduce ad un argomento o meglio ci invita ad esplorare un prodotto ghiotto che vede in ogni regione, se non in ogni provincia, molti golosi e nutrienti rappresentanti. Ricco di calcio e fosforo (molto spesso più del pesce anche se si crede il contrario), il formaggio è uno dei cibi più antichi e da sempre è abbinato alla qualità dell’alimentazione. Cenni dei formaggi italiani si trovano addirittura nella Naturalis Historia, dove Plinio il Vecchio, esalta i prodotti caseari astigiani antenati del Murazzano DOP.
Parla anche della Robbiola ( DOP di Roccaverano) e del Taleggio (DOP bergamasco), lodato anche da Catone e Cicerone. Dai Celti ai Longobardi, dai monaci cistercensi alle latterie sociali, tutti hanno contribuito a mettere a punto le tecniche che ora sono state introdotte nei disciplinari di molti prodotti DOP italiani. Il formaggio è tra i derivati più importanti del latte intero, parzialmente e totalmente scremato. Si ottiene in seguito alla coagulazione acida o presamica, da cui deriva la cagliata e, che a seconda del formaggio che si vuole ottenere, viene sottoposta a vari trattamenti. Il formaggio si distingue, in base alla stagionatura, in due grandi categorie: fresco e stagionato. Nello stagionato si possono trovare quelli più a pasta dura (più poveri d’acqua) con maturazione, cioè conservazione e stagionatura, medio-lunga (in genere da 6 mesi a 4 anni), mentre nel fresco esistono solo morbidi e molli con maturazione breve e brevissima (da 12 ore a 1 mese). La differenza tra i due tipi dipende molto dalla concentrazione di “grasso” e “magro”. I magri hanno una percentuale di grassi inferiore al 20%, i semigrassi compresa tra il 20 e il 40%, i grassi superiore al 40%.
Se si escludono lattosio e poche proteine, il formaggio e il latte contengono gli stessi principi nutritivi, certamente “degradati” diversamente e questo spesso consente una maggior assimilazione dal punto di vista nutrizionale. Dal punto di vista dell’immaginario favolistico la sua ricchezza è tale da farlo apparire spesso come oggetto del desiderio. Si pensi quando il Boccaccio descrive il paese del Bengodi, vi colloca montagne di Parmigiano grattugiato. Ma anche diverse pubblicità televisive odierne si riferiscono alle sue qualità diremmo goderecce. Per quanto riguarda la fama del parmigiano reggiano DOP, prodotto nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena e in parte Bologna e Mantova, è internazionalmente riconosciuta e suffragata anche dai risultati di vendita. Infatti il Parmigiano e il cugino Grana Padano sono fra i prodotti più consumati in Italia. Prodotto con latte vaccino parzialmente scremato, a pasta dura e cotta, cagliato solo con caglio di vitello, si presenta solo nelle classiche forme con crosta giallo dorata e leggermente oliata, analoghe a quelle del Grana padano (nato attorno all’anno Mille grazie ai monaci cistercensi e considerato fin dal 1477 il formaggio più famoso d’Italia).
Viste le qualità nutrizionali del parmigiano è utile sottolineare che è uno dei primi alimenti introdotti durante lo svezzamento. Inoltre molte sono le imitazioni che seppur gustose non sono paragonabili per squisitezza e qualità. Io stessa, anni fa’ in Lituania, ne ho assaggiata una copia ottenuta con latte della zona, piacevole al palato ma molto distante dal reale. Rispetto ai formaggi morbidi è importante ricordare i tre DOP lombardi: Gorgonzola, Taleggio e Quartirolo. I primi due devono i nomi a toponimi locali, il paese di Gorgonzola e la Val Taleggio. Il quartirolo conosciuto come lo Stracchino di Milano, prende nome dalla forma quadrata. Questi formaggi hanno gusti più o meno intensi a seconda della maturazione. Il Quartirolo, formaggio di antica origine, inferiore ai 30 giorni, quindi ha un gusto meno forte dei cugini lombardi. Il Taleggio deve stagionare almeno 35 giorni, durante i quali la microflora si sviluppa conferendo al prodotto sfumatura e crosta rossastra. Il gusto caratteristico gli ha portato numerosi apprezzamenti in età classica e in periodi più recenti. Compariva nel 1344 durante il banchetto per l’incoronazione a papa di Clemente VI e alle nozze di Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti nel 1441.
Il Gorgonzola deve il suo gusto deciso alle caratteristiche muffe verdi, la cui origine è ammantata da leggende: come la penicillina; l’invenzione invece di questo formaggio erborinato, si dovrebbe alla disattenzione di un casaro, che lasciata all’aperto per tutta la notte la cagliata, la ritrovò il mattino dopo tutta ricoperta di muffa, le “erborinature”. L’erborinatura caratterizza anche il gusto del Castelmagno DOP delle montagne cuneensi, coetaneo del Gorgonzola (entrambi vengono prodotti dal XII secolo), da cui si differenzia soprattutto per la consistenza semidura. Ma a rendere saporito un formaggio non sono solo i batteri. Nella tradizione dell’Italia centrale, meridionale e delle isole, troviamo saporiti formaggi stagionati. Il Pecorino romano, dal sapore piccante e l’odore pungente e aromatico. Formaggio antichissimo, prodotto con latte fresco di pecora e caglio d’agnello. Le sue origini risalgono al I secolo d.C e faceva parte della razione di cibo dei legionari romani. La sua fama crebbe in un felice connubio fra Lazio e Sardegna. In quest’ultima, ad un certo punto, si trasferirono la lavorazione e la produzione. La stagionatura va dai 5 mesi, formaggio da tavola, agli 8 mesi, da grattugiare. Se parliamo di pecorino sardo o Pecorino semicotto, parliamo di un formaggio che ha ottenuto il marchio DOP nel 1991 e il DOP comunitario nel 1996.
Questo formaggio semicotto si trova in commercio nei tipi dolce, pasta morbida, w maturo, pasta dura. La Sardegna ha però un formaggio di antichissime origini, precedenti alla conquista romana dell’isola: il Fiore sardo. Piccante, ottenuto con procedure artigianali, utilizza latte ovino fresco che viene coagulato con caglio d’agnello o capretto. Viene passato prima in salamoia, poi affumicato e messo a stagionare nel fresco delle cantine. Ha pasta dura, cruda, modellata su stampi che le conferiscono un aspetto caratteristico. La crosta varia dal giallo intenso al marrone scuro. L’interno passa dal bianco al giallo paglierino a seconda della stagionatura. Buono come formaggio da tavola nei primi 6 mesi, poi ottimo da grattugiare. Molto antica anche la data di nascita del Pecorino siciliano, attestato già tra i coloni greci, così come il Pecorino toscano che viene fatto risalire da alcuni agli allevamenti ovini promossi dagli Etruschi. Per oggi concludiamo la carrellata di formaggi tipici con il proposito di continuare la stimolante ricerca nel prossimo numero di Ojas benessere. A presto.