Benvenute/i nello spazio Ojas benessere. Con l’odierno articolo inaugurerò il tema dell’educazione alimentare nelle sue sfaccettature più varie ed essendo un argomento complesso, con ogni approfondimento mensile, affronterò di volta in volta un aspetto. Spero, come sempre, possa essere di stimolo per personali ricerche.
In introduzione mi occuperò dei prodotti tipici italiani, fiori all’occhiello per il nostro Paese, chiarendo brevemente cosa s’intende per qualità. Come consumatori chiediamo una sempre “maggior qualità”. Termine centrale nell’alimentazione attuale, comprendente problematiche igienico-sanitarie, lavorazioni, tradizione del cibo e rigore legislativo. Qualità è sapere soprattutto da dove viene un prodotto e poter tracciare le tappe della filiera produttiva. Il produttore in genere attiva un controllo costante sulla qualità e parallelamente è tenuto ad attivare una serie di procedure a garanzia qualità lungo tutto il sistema produttivo. Uno strumento riconosciuto a livello internazionale conosciuto nel mondo della produzione e distribuzione e il metodo HACCP, tesa soprattutto a identificare il rischio sanitario nei prodotti alimentari.
Nell’ambito della qualità è bene ricordare l’apporto significativo e importante dato dall’agricoltura biologica. Essa esprime, al dì là della scelta responsabile e attenta dell’agricoltore, il bisogno del consumatore non solo di una maggiore qualità del prodotto, ma anche di un elevato rispetto per l’ambiente e la salute. Il prodotto biologico celebra un patto di alleanza tra consumatori e produttori mediato dalla distribuzione e ultimamente anche dalla grande distribuzione che a volte ha creato delle vere e proprie linee di alimenti biologici. Fino a qualche anno fa’ potevamo trovare il biologico in alcuni negozi riservati, da tempo larga diffusione è stata garantita dai gruppi Gas (gruppi di acquisto solidale), presenti in molti centri e perfino piccole località diffuse in tutta Italia. Questi gruppi hanno incentivato molto l’acquisto a km 0 di cui spesso si sente parlare. Anche l’agricoltura integrata offre una possibilità limitando l’utilizzo di prodotti di sintesi.
Per quanto riguarda il nucleo centrale dell’argomento in rubrica ovvero “i prodotti tipici italiani”, possiamo dire che l’Italia vanta moltissimi prodotti, molti riconosciuti come DOP (denominazione di origine protetta) o IGP (indicazione geografica protetta). Tali marchi hanno molto valore per il consumatore a cui è garantito il controllo del prodotto che acquista ma hanno anche un valore educativo perché permettono di recuperare tracce della nostra cultura alimentare, inserita in un percorso culturale più ampio che attraversa la storia, i metodi e i luoghi di produzione, fino alla degustazione. L’Italia con la sua diversità di piatti sottolinea l’ampia diversità di ambienti e quindi di prodotti.
Oggi in particolare mi occuperò della frutta, uno dei prodotti ad uso più comune. Da sempre simbolo di abbondanza e utilizzata simbolicamente nel racconto del peccato originale, nella fiaba come pomo avvelenato per Biancaneve, nei frutti dorati delle Esperidi che Ercole doveva recuperare. Tutto ciò per sottolineare quanto le proprietà simboliche corrispondano realmente alle proprietà nutrizionali: la concentrazione di vitamine, sali minerali e acqua, oltre al gusto la rendono indispensabile nella nostra alimentazione. La frutta, come sappiamo, è al meglio delle sue proprietà quando è perfettamente matura e consumata fresca è sicuramente un toccasana.
Tutta l’Italia è un frutteto in grado di fornire frutta di stagione durante tutto l’anno con il clima ideale per ogni coltivazione. Nel caso degli agrumi dobbiamo alla dominazione araba in Sicilia la loro conoscenza. La leggenda narra che un sultano unendo succo d’arancia, zucchero e neve dell’Etna, avrebbe inventato il sorbetto. Quale sia la realtà, oggi arance rosse di Sicilia IGP sono conosciute come Tarocco, Moro Sanguinella (nelle zone di Catania, Siracusa, Ragusa, Enna). Il nome deriva dalla colorazione rosso scuro per la presenza molteplice di antociani, pigmenti colorati. Persino la buccia(esocarpo), è d’intenso profumo. Anche altri Paesi e regioni italiane producono questa varietà ma quella siciliana è particolare per via del clima arido, della temperatura, della tipologia del suolo. Anche le due varietà campane di limoni di Sorrento e Costa d’Amalfi sono antiche e pregiate. Per quanto riguarda la clementina di Calabria, merita di essere menzionata per essere la migliore del Mediterraneo, grazie al clima mite e alla particolare coltivazione a quadrato che vede coltivate le piante molto vicine le une alle altre e molto numerose in pochi metri quadrati. Nascono dall’unione di gameti e pollini di piante di mandarino e arancia amara. Anche il bergamotto di Calabria è conosciuto e la sua essenza, usata in cosmetica e per dolci è stata insignita del titolo DOP.
Tra gli altri frutti conosciuti possiamo menzionare l’uva da tavola di Taranto, di Canicattì e di Mazzarone e il ficodindia dell’Etna. Sorvolo sull’uva da vino prodotta in tutta Italia con risultati stupefacenti, perché nell’educazione alimentare o meglio più specificatamente nella dieta, il vino non è previsto anche se consentito perché non considerato un alimento.
Le coltivazioni di pera in Emilia Romagna risalgono al secolo XIV, per via del clima ideale privo di gelate. Nelle terre del mantovano si apre una zona IGP riservata anch’essa alla pera. Per quanto riguarda la pesca nettarina della Romagna, viene comunque coltivata anche nelle province di Bologna, Forlì, Ferrara, Ravenna. In area Altoatesina sono ben note le diverse qualità di mela e pera. Un melo DOP degno di menzione è quello della Val di Non ma anche la Renetta della Val D’Aosta e la mela di Verona. Interessante è la varietà campana della mela Annurca.
Vi sono poi molti marchi con riconoscimento IGP di marroni e di castagne, come il marrone di Castel Rio (nel bolognese), già di grande importanza nell’alto medioevo. Un’attenzione meritano i castagni del Mugello che seguono regole di produzione ferree come il divieto di utilizzo di fitofarmaci e fertilizzanti chimici. Altri IGP sono la castagna di Montella(campana), il marrone di San Zeno (Veneto) e la castagna del monte Amiata (Toscana).
Tra la frutta secca, merita menzione la nocciola torinese. Il successo di questa coltivazione si rileva fin dall’ottocento, periodo in cui i pasticceri la introducono in dolci e cioccolate e così la diffondono. Per curiosità e spirito di verità, vi ricordo però che la terra della nocciola è la Campagna. Sentite un po’ che cosa si diceva in queste antiche indicazioni: nocciola di Giffoni di dimensioni medie, forma subsferica e guscio color marrone percorso da striature più scure, con polpa consistente e aromatica di color bianco”.
Infine ricordo un golosissimo frutto di stagione, la ciliegia di Marostica ma inseguendo le varie sagre su e giù per l’Italia, numerose sono le varietà degne di attenzione.
Eccomi alla conclusione del primo degli articoli riguardanti l’educazione alimentare in senso ampio. Al prossimo appuntamento altre curiosità legate ai prodotti che compaiono sulla nostra tavola e utili al nostro benessere per permetterci di accostarci al tema alimentare in modo consapevole. Buona ricerca di altre curiosità legate ai frutti della nostra amata Italia e buona lettura a tutte/i.