ALESSANDRO VOLTA, LUCREZIO E LA SCOPERTA DEL METANO
L’isolino Partegora è di fronte al municipio di Angera (VA), ma passa quasi inosservato fra le meraviglie del Lago Maggiore. Tuttavia proprio qui la “navicella dell’ingegno” di Alessandro Volta, in gita di piacere sul Verbano, finì per approdare il 3 novembre 1776. “Non meno avventuroso che inatteso successo”, abbandonata la piacevole compagnia, scoprì, frugando in “un pacciume di radici, cannucce, erbette infradiciate… l’aria sprigionatane infiammabile” che, una volta a contatto con le scintille dell’acciarino, ardeva “con una fiamma turchina”. Era il prologo alla scoperta della natura organica del metano, quello dei nostri fornelli da cucina, quelle lingue blu che, a noi scrittori, permettono di avere qualche ora in più da dedicare alla lettura. Anche del De rerum natura di Lucrezio, che il grande scienziato – e scrittore – cita, non a caso ma con precisa matrice illuminista, all’inizio della Seconda delle sue Lettere sull’aria infiammabile nativa delle paludi (1777). I versi sono proprio quelli che descrivono mirabilmente come la meraviglia possa diventare un fatto quotidiano:
“Nil adeo magnum neque tam mirabile quicquam,
quod non paulatim minuant mirarier omnes”
“Non esiste nulla di così grande
E di essere ammirato tanto degno,
Che a poco a poco non perda importanza
E a tutti non susciti più stupore”.
(traduzione L. Traini).
Potrei dire, col linguaggio dei poeti dell’epoca, che me l’aveva indicata – testimone la foto che ho fatto durante il sopralluogo – un cigno sacro ad Apollo, simbolo di bellezza per il dio della luce (e quindi anche dei fornelli). In realtà, quanto deve l’arte alla tecnologia (quando insegnavo mettevo sempre le Lettere di Volta nel programma di Italiano)!
Il futuro dovrà, dev’essere Green – è lampante – ma non dimentico i benefici – e il genio – del passato.
Luca Traini